Piccolo manuale di Umanesimo ateo

Il perché e il percome di una vita senza dèi.

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Intro
Prima parte / Un leggerissimo cambiamento
1. Allora, chi è Dio?
2. Quali prove abbiamo che esiste un dio?
3. Che bisogno c'è di credere?
4. Ma se Dio non c'è, come può l'uomo essere buono?
5. In cosa credere? Il cuore dell'Umanesimo
Seconda parte / Cosa dice la Chiesa
6. Perché ci battezzano?
7. A che serve la prima comunione?
8. Un dio così ci rende schiavi

9. Il male, il peccato, il sesso
Terza parte / Quello che la Chiesa non dice
10. Le bugie della Bibbia
11. Credenze cristiane tutte da verificare
12. I brutti esempi di chi predica il Bene
Help & Tips / I trucchi della comunicazione
Finale
Appendice A / I comandamenti: 10 …o 40?
Appendice B / Il peccato originale
Bibliografia

Appendice B

Il peccato originale. Di come Dio ci ha fregati tutti e l’ha fatta franca

La favoletta della mela e del serpente parlante è davvero molto incisiva e prende l’immaginazione, e nonostante oggi alcuni la vedano come allegoria (giustamente: dio che passeggia, animali parlanti, …), dal Vecchio Testamento al Nuovo (Lc 3,23-38; Rm 5,14; 1 Tm 2,13; 1 Cor 15,22) fino ad oggi è invece presa come fatto vero, ed è ancora insegnata così com’è.
Ma è assurda e contorta per tanti motivi, come il serpente che si nutrirà di polvere, la donna che avrebbe partorito con dolore (perché, Eva era fatta diversa?), Adamo che avrebbe penato a coltivare la terra (perché, col Giardino era una passeggiata?) e il fatto che la vicenda contrasta con l’onniscienza di dio.
Qui vedremo i difetti moralmente peggiori, tralasciando i dettagli.

Ti preavviso: sarò molto chiaro su di essi, e ti dirò come li giudico. Se ho ragione, ne esce un ritratto duro. Se ho ragione, spero che lo condividerai.

Rispolveriamola: Dio crea i primi uomini puri liberi e felici, e li mette nel giardino dell’Eden per vivere in armonia con lui. Poi dice «Fate pure quello che vi pare, ma non mangiate dall’albero della conoscenza del bene e del male, perché morireste». L’astuto serpente parlante però dice ad Eva: «Ma quale morire! Anzi, se ne mangiate conoscerete il bene il male, come Dio!». A Eva sembra una buona idea, e con Adamo fanno uno spuntino. Quando Dio li vede coperti di una cintura di foglie capisce tutto, e li caccia dal giardino con una serie di condanne per loro e tutti i discendenti – tra cui dolori, morte e, soprattutto, la separazione dalla sua Grazia, quindi per la vita inclinati al male e sotto l’influenza di Satana .

Ora che l’hai riletta, hai notato qualche sconcezza? Scommetto di sì! Dai, confrontiamole:

* Adamo ed Eva sono puri, non hanno ancora peccato. Bene! Però potrebbero, perché sono liberi. Giusto. Intanto, sono felici. Ok. Ma non conoscono la differenza fra bene e male. E allora… che felicità poteva mai essere? Quella candida del bambino, quando ancora non si rende conto delle cose… O dell’illuso. Si è come fra le nuvole. Senza Conoscenza di Bene e Male (da ora: CBM) come si può capire? Come si può responsabilmente volere? Come si può amare?
Senza CBM puoi avere tutta la libertà del mondo, ma come la usi? Non si usa, non si può… Si vive a caso, e anche l’idiota è felice così, anche il drogato dopo una pera di eroina. O si lascia che altri ci guidino – qualcuno che la CBM ce l’ha – dove vogliono loro, quando e perché vogliono, tanto noi che ne capiamo.
Ma così non c’è gusto ad essere liberi! E nemmeno felici. Quindi la felicità di Adamo ed Eva era di basso livello, e la libertà era finta, inutilizzabile. Più puri di così…
La favola ovviamente non sta in piedi, perché – invece di dire «Scusa, che vuol dire ‘morte’?» oppure «Ossegnùr! Un serpente che parla!» – Eva si accorge che la CBM è tre volte buona (Gn 3,6), inoltre in qualche modo sa che mangiare dall’albero è male. Ora: se l’ha potuto capire… già possiede la CBM. Acerba, inesperta, zoppicante, però ce l’ha…
Ma l’autore non ci bada, ha un’altra mira. Ciò che gli interessa è affermare che l’uomo ha sì, ovviamente, questa coscienza, non può mica negarlo, ma non deve usarla per scegliere senza Dio. Il che ci porta al punto successivo.

* Dio era contento di due pupazzetti inconsapevoli. Era questo, senza CBM (che ufficialmente è ancora sull’albero), lo stato ‘di grazia’ in cui li creò (Ccc 374-377). Piuttosto ipocrita chiamarlo così, visto che lui la CBM la possiede, ed è per questo che è il personaggio principale (Gn 3,22). Ciò indica che la CBM non è cattiva in sé. È che lui voleva semplicemente essere obbedito e adorato: in ciò consiste proprio la massima felicità e lo scopo naturale degli uomini, secondo il cristianesimo (in particolare, per la chiesa cattolica. Comp. 64, 67, 206, 442 e 3. Ccc 143, 150, 2084-2100, ecc.). Questa, è la ‘purezza’ che il dio biblico si aspetta da noi.
E infatti: se i nostri due mangiano la mela senza ancora la coscienza del male, come si scrive, senza voler fare nulla contro dio ma semmai contro sé stessi («Altrimenti morirete», Gn 3,3), senza sapere che quello s’incazzerà a morte (la loro), con spontanea semplicità e senza alcuna malizia, e se sono stati manovrati dal serpente, che colpa possono avere? Nessuna! Dio, possiamo immaginare, se ne sarà pure accorto, no? Allora perché incazzarsi tanto?
Appunto. Non contano le attenuanti, ma il fatto stesso che hanno disubbidito. Per cos’altro mettere a bella posta un albero dai frutti polposi, e poi ordinare di non sfiorarlo?
Quando di fondo si crede l’uomo incapace di provvedere a sé stesso, disubbidire è una colpa gravissima. Per il suo stesso bene, per l’ordine e la sua sicurezza, cosa fare o non fare glielo decide Dio, e senza di lui non si deve muovere un filo d’erba: è solo nell’assecondare la volontà sua che potremo evitare di fare danni. Con questa sfiducia cronica addosso, Dio ha fatto la bella figura di darci la possibilità di scegliere (libero arbitrio), negandoci però l’abilità di farlo in maniera sensata, mirata, efficace (attraverso la CBM).
Ma è paradossale: proprio perché non si faccia del male, si priva l’uomo dell’unico modo grazie al quale può imparare a scegliere il bene? Se gli si volesse davvero bene, non si potrebbe ignorare che la stoffa di realizzarsi ce l’ha, e neanche il piacere e il diritto che ha di farlo. E viceversa, l’infelicità e il rancore che prova quando glieli si mozzano via. Perché non adoperarsi per renderlo più responsabile e autonomo, con stima e con pazienza, allora? Favorirebbe il benessere e la convivenza, e curerebbe anche la sfiducia, no?
Eppure non si fa, come per un’incapacità vera e propria di vedere la CBM come un’opportunità per l’essere umano. Perciò cosa c’è sotto? Il Signore, forse non era sicuro di poter essere un buon signore? Un leader saggio ed equilibrato che i due avrebbero dunque riconosciuto e scelto, che avrebbero spontaneamente amato e rispettato?
Cos’è che rende così superficiale e severo con l’uomo chi, a parole, si dice preoccupato per lui? Perché sembra disprezzarlo, invece, e che lo faccia apposta a farlo restare naïf? Cosa vuole veramente? E perché non dirlo?

Se era solo un test di ubbidienza, in fondo bastava un semplice albero. Ma quello era un albero particolare. E quale? L’Albero della Vita? L’Albero delle Carte da Briscola? Precisamente, non altri che l’Albero della conoscenza (dah'-ath) del bene e del male. Ha senso.
Il fatto è che la persona che può far uso della CBM decide lei e non obbedisce alla cieca, è padrona del suo destino e ci tiene. Vuole realizzarsi da sé, sentendosi in grado di farlo, quindi ragiona sulle cose e ascolta se è felice… Comincia anche a giudicare opere e intenzioni dei suoi capi, e di certo non accetta il guinzaglio da nessuno. La prima cosa che farà è liberarsi da eventuali catene! Ora, se Adamo ed Eva possono capire da soli cosa è giusto o sbagliato…: che il massimo bene sia essere dominati, condotti per mano e spinti alla pura obbedienza, si scopre falso. La volontà di Dio in questo, è condannata. Una legge oppressiva, abrogata. Sfiducia, disprezzo e la superbia che le precede, rifiutati. Via le catene! Il suo proprio valore assoluto di comandante in capo sarebbe stato messo in dubbio, screditato, smitizzato, mal visto, messo da parte e forse dimenticato: se si arriva a farsi del bene da soli, un dio del genere non serve più.
Dev’essergli venuta una strizza, a Dio… Cioè all’autore, dico.
Eccoci allora! La colpa non fu solo di disobbedire una volta, ma di voler aprire gli occhi, e acquistare l’abilità di agire indipendenti, cioè quella di poter disobbedire ancora. Non si tratta di un semplice errore, ma di un radicale cambiamento: presto non avrebbero voluto né avuto più bisogno di un dio che si arrogasse ogni responsabilità e potere e virtù, come se loro fossero un possedimento fra gli altri nel recinto del paradiso terrestre. E se così Dio si vede, si capisce perché se l’è presa così tanto: si è difeso! E anche perché non gli andava di dirlo: non è una cosa di cui andare fieri!
L’altra faccia, la vera faccia di questo strano ‘per il vostro bene’ è: ‘voglio comandare io’. Una questione di potere. Come perfettamente la mette il catechismo: la colpa fu di ‘preferire sé stessi a Dio’ (Ccc 398). Per il tempo di una mela, a spiegare la natura umana. È invece la natura di Dio – cioè di chi asseconda e privilegia questo tipo di struttura sociale – che si chiarisce: la sua reazione spropositata e terrificante – come vedremo tra poco – ad una azione in realtà giusta e utile dei nostri due, rivela un’insaziabile fame di potere e una insicurezza interiore di cui non sembra nemmeno essere cosciente. E questo è un problema suo, non dei ragazzi sotto le sue grinfie: non avendo fiducia in sé come leader né in loro come persone, tende a esercitare su tutto un controllo assoluto e nevrotico, e a punire duramente.

La CBM è un problema, dunque. Soluzione? Niente CBM.
Ma è una qualità a noi connaturata, che si sviluppa rapidamente già nel bambino… Come fare? Uhmm… Trovato! Il colpo di genio letterario fu di far avere sì all’uomo la CBM, ma in modo innaturale, come uno sbaglio, per un suo atto cattivo. Adamo ed Eva la rubano.
Così, al primo passo di miglioramento personale, proprio nell’attimo della nostra liberazione, nel momento altissimo in cui siamo coscienti del mondo e di noi stessi – quindi veramente umani – commettiamo per la bibbia il male peggiore. Con la CBM, siamo indegni e corrotti. Che ironia!
La libertà di scegliere è considerata uno dei più grandi doni di dio, ma avere la CBM, condizione essenziale per farlo in saggezza e autonomia, è considerato il più gran delitto. Pazzesco.
Gli autori così non lasciano dubbi su ciò che intendono per stato ideale dell’uomo: non quello di una fiducia consapevole, nata per aver potuto esaminare, ponderare e certificare l’affidabilità di dio, ma del più cieco asservimento. A Dio, e ovviamente ai suoi ventriloqui portavoce della gerarchia, quel gruppetto di esseri umani che da sempre cerca un motivo per apparire superiore ad altri umani.

La richiesta di non avere, nel racconto, e di non usare, nella vita reale, la CBM, è insomma una richiesta di generale sottomissione a Dio e alla Chiesa. È l’unica, vera sostanza del regalo d’amore di Dio.
A che prezzo! Non è solo vietare il nostro diritto a capire e scegliere da soli, ci vogliono sopraffatti dal senso di colpa, umiliati fino al midollo, domati e persi, nudi della nostra dignità. Volendo giustificare i pieni poteri e privilegi di cui godono, o convinti realmente di essere i soli a poterne godere, inculcano alla gente una fandonia: che ha un bisogno assoluto della loro potestà. Il bene allora diventa la docile accettazione della volontà di dio, qualsiasi cosa essa ordini, e il male il rifiuto di abbassarsi a tanto, qualsiasi cosa poi si scegliesse di fare. La coscienza morale – la cui necessità e importanza è riconosciuta dalla Chiesa cattolica (Ccc 1777-84) come a scordare che Dio non la voleva e per averla ci ha puniti – a causa della sua solita ipocrita eccezionale maestria nel capovolgere i significati si trasforma in non altro che misera, irresponsabile, servile, vuota, mediocre, passiva dipendenza (Ccc, 144, 1776, 1786, 1787, 1792, 1849-51, 1954, 1955, 2084-94).

È l’ennesima versione della solita vecchia storia: nei rapporti basati sul potere anziché sul rispetto reciproco, c’è chi comanda e chi subisce. Il primo, ritenendo sé stesso in dovere di aiutare lo stolto a farsi del bene – e così garantendosi innanzitutto il proprio – afferma la sua egemonia con un cocktail di innaturali ‘diritti naturali’ ed evanescenti facoltà superiori o ‘divine’ venute dal nulla. Il secondo se la beve, e sotto il suo effetto non capisce più niente. Allora, facilmente, o accetta troppo, o si ribella troppo. Ma a non capirci sono tutt’e due, perché la comunicazione fra loro – e il contatto con sé stessi – non funzionano: si basano su false verità e su un distorto e iniquo modo di intendere le proprie qualità, e la relazione.
Ciò confonde, non risolve, produce azioni e reazioni che fanno male dentro, e perpetuano lo stato delle cose. Tutto questo infatti è conseguenza di rapporti di potere /sottomissione/ribellione, e poi causa di nuove relazioni simili. Di questa dinamica entrambi sono consapevoli solo in minima parte, il resto è prigioniero da tempo di un’inconscia coazione a ripetere.

Adamo ed Eva escono dal Giardino, e l’umanità entra nel mondo, primitiva e violenta. E lo era davvero! Ma il comportamento di Dio, del quale attraverso il racconto si voleva dimostrare la bontà e la necessità, proprio dal racconto risulta la vera causa di tutto. Un paradosso, ma anche un'eccezionale confessione involontaria della verità sui rapporti di potere.

In realtà, la CBM è un gran bene, e non porta al caos: con la conoscenza del bene e del male viene la responsabilità di scegliere il bene. Che è nostra, non di Dio per noi. Siamo – e la storia lo dimostra – davvero in grado di guidare la nostra vita, in modo indipendente e insieme assolutamente etico e costruttivo.
A patto, naturalmente, di saperlo fare. Il che ci porta al punto successivo.

* Un conto è poter fare, un conto è saper fare. Easy, no? Dio si fa bello concedendo la libertà di poter fare, ma ci impedisce di saper fare. Ahahaha! Che sciocchezza. Doppia. Dio infatti stabilisce un pessimo rapporto con i suoi pupilli: non sviluppa in loro alcun senso etico, non è accogliente e comprensivo ma tentatore, ordina e minaccia ma non spiega né i motivi del suo ordine né i veri rischi, non gli insegna come parlare fra loro, né come ribattere a quel poco di buono del vicino. Chiede fiducia ma non dà fiducia. Chiede di essere capito e rispettato, ma lui non lo fa.
Perbacco, sono in 3 lì dentro, e uno è pure chiamato il Verbo, a nessuno è venuto di meglio, non so, un complemento oggetto?
Dopo il fattaccio, tutto preso da sé stesso non si dispiace neanche un po’ per il domani che li aspetta. Non prende spunto per insegnare loro a non rifarlo, non sfrutta l’occasione per rinsaldare il rapporto, non pone migliori basi per il futuro, non gli concede una seconda chance. Li sbatte fuori all’istante e per sempre, una punizione radicale, come radicale è stato metterli subito alla prova con un albero così importante.
Ma quanto amore, quanta compassione! Che maturità, che dialogo efficace! Che esempio! È quanto l’autore ci dice, in questo brano esemplare, inventando una ragione per cui l’uomo è come è quand’è al suo peggio, e allora ha bisogno di un capo.

I due, in conseguenza di tutto ciò, restano ingenui e incapaci. Liberi ma inconsapevoli, impreparati alla scelta e al dialogo, paurosi – ovviamente – e pronti per questo a tradirsi (Gn 3,12-13). Ma sono colpevoli solo per le mancanze e la boria del paparino, ‘ribelli’ solo per chi li avrebbe voluti in gabbia. Ecco: non hanno imparato – perché non gli è stato insegnato – come vivere in modo etico e costruttivo, né come costruire rapporti sani.
E come poteva, Dio, insegnarlo, se neanche lui dimostra di saperlo fare?
E bravo Dio!
Il serpente, invece? Beh, questo nel punto successivo.

* Il serpente parlante, che il cristianesimo identifica con Satana il mentitore, dice la verità. Il frutto infatti non causava la morte, come lasciato credere da dio («Quando/nel giorno che ne mangiassi, certamente moriresti [muwth, morte fisica, non spirituale]», cfr Gn 3,22), ma proprio un’istantanea consapevolezza («Si aprirebbero i vostri occhi»).
«Diventereste come Dio»: «ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male». Era vero!

Il serpente non ha ingannato proprio nessuno. Non fa che dire la verità, esponendo il linguaggio volutamente ambiguo di dio e la sua intenzione di far leva sulla paura. Il problema, di fatto, era proprio questo agire di Dio, non quello del serpente che gli fa tana! E non è per niente un caso che invece sia quest’ultimo, nel libro del suo avversario, a passare per bugiardo, pericoloso e infame. La sua influenza è nefasta perché dice la verità. È il primo libero pensatore.
Storicamente è simile la fine di chi, persona reale o personaggio di fantasia come questo, avversa un’autorità che gioca sporco mirando a scoprirne le carte. Cioè non solo il suo privilegio arraffato, ma la sua giustizia al rovescio, e soprattutto le sue fissazioni, che possono stare lì per nascondere qualcosa di più intimo.

Un’altra cosa è giusto sottolineare: il serpente non seduce Eva. È Eva che, dopo averlo ascoltato, si accorge che in effetti il frutto è buono e la saggezza desiderabile. Non ci riflette molto, ne coglie giusto l’aspetto più evidente, ma sceglie. Superficiale quanto vuoi, ma lo fa da sola. Il serpente non la condiziona, non la manipola, non la inganna: la informa, dicendole i fatti come stanno.
In tutto questo, Dio ci fa una figura barbina. Satana ne esce parecchio meglio, a ben guardare. Certo, nemmeno lui completa il messaggio – bene sarebbe stato ad esempio che gli avesse ricordato le parole di Dio perché si regolassero – e questo può far pensare che sì, aveva un secondo fine. Forse voleva far dispetto a Dio, o mettere baruffa fra noi e lui. Chissà, magari ha pensato che ne valesse la pena, pur di vivere liberi. Il che ci porta al punto successivo.

* Obbedienza, completa sottomissione. ‘Libera’, secondo la solita lingua doppia della Chiesa (Ccc 396). In quanto creature, dovremmo lasciare che sia Dio a condurci, come in una catena di montaggio, ognuno al suo posto, guai a decidere da soli. Suoi sudditi e schiavi nel corpo e nello spirito. Come Gesù, ubbidiente al piano che voleva la sua morte. Ovviamente Dio farà poi il nostro bene (sì, e abbiamo visto come). Questo, si crede. E si crede naturale. E si crede giusto.

Non si accorge chi crede, che lo farebbe al posto nostro? Non ti suona assurdo che un altro debba fare il nostro bene al posto nostro? A te pare naturale che un padre desideri questo da suo figlio e da sua figlia, invece di fare del suo meglio perché crescano ragazzi in gamba, e poi partano e vivano la loro vita, e poi magari tornino a raccontare di quanto sono felici? Ti pare giusto che il nostro bene consista nell’obbedienza pura e semplice, o che si abbia in cambio di essa? Sì, dico a te, che ne pensi?
Perché riconoscere noi il bene e il male dev’essere un male? Perché giungere, anzi conquistare, questo dovrebbe portare in automatico disarmonia nei rapporti, difficoltà di vita, corruzione e malvagità (Ccc 400-1)?
Solo in una visione misera, ancora grezza e sterile dell’uomo e della sua psicologia, del suo grande cuore e delle sue rette potenzialità, si può credere che accada. Solo per indottrinamento battente si può credere naturale.
E solo dopo averla subita sulla pelle, la si può credere anche giusta.
Secondo me.

Cazzo, vogliamo evolvere?
Vogliamo smetterla di farci del male? Vogliamo cominciare a pensare in termini di libertà E responsabilità?

Proprio il modello educativo della sottomissione, del rapporto di potere, che si propone come soluzione ideale, è invece la causa di quello che vorrebbe risolvere. Una religione che si basi in parte o del tutto su quanto è scritto nel Piccolo manuale, ne è un esempio pratico perfetto.
Alcune delle peggiori conseguenze sono che tanta gente tutt’ora non sa prendersi cura di sé, è rigida nei pensieri e non sa esprimere i suoi sentimenti, né stare con i diversi da sé in modo pacifico; accetta il sopruso e lo ripete appena può, diventando a sua volta violenta, o dipendente da qualcosa o qualcuno, o sregolata e ‘libera’ fino all’incoscienza, è stressatissima e frustrata. Peggio che mai – perché è la prima condizione del ripetersi di tutto questo – non si rende più conto del pericolo e della sofferenza. È distaccata e cieca alle emozioni degli altri, e alle sue. Infelice!
Un modello educativo del genere ci rende dei disabili emotivi.

Forse un tempo era necessario, e ancora oggi in certe singolari circostanze può servire, perché non dirlo, ma nella stragrande maggioranza invece è come acido sui piedi di un campione. Aiutiamoci a sviluppare la parte migliore di noi stessi, e sparirà, dentro e fuori di noi, quel caos tanto temuto.
Poi dopo, molto, molto dopo, quando non dovremo più giustificare il dolore per nascondercelo, quando saremo più abili e più felici, quando il popolo si sentirà rappresentato da chi comanda e nelle coppie i partner si rispetteranno, quando i genitori saranno fieri dei loro figli invece di stargli addosso credendoli inadatti, e viceversa… magari allora chiederemo a Dio se vuole essere nostro amico. Chissà se vorrà?

Ops, ho allargato molto il tema, non è vero? Ma il racconto che inizia in Genesi e termina con l’Apocalisse esemplifica proprio questo, ed è usato come potente grimaldello per giustificare e ripetere tali terribili errori. I tratti di questo tipo di relazione sono la copia sputata dei mille amori disordinati e abusivi che nascono sulla Terra. Rapporti così sbilanciati premiano alcuni e fanno piangere altri. Non sanno migliorare. Costringono al silenzio interiore. Si ritengono efficaci. E allora ripetono sé stessi in modo forzoso e inconsapevole. Violenza chiama violenza, quando la violenza è cieca. E ciechi alla violenza si diventa, dopo un po’ che le nostre qualità vengono svilite, le reazioni represse e l’obbedienza esaltata. Soprattutto se accade già nei nostri primi anni di vita, in cui siamo del tutto vulnerabili, bisognosi di cura, amore, guida: quando meglio?
Perciò, chiamami pazzo, ma torno al discorso famiglia. È lì che parte tutto, ed è lì che si può risolvere. Tornando a vedere. A… sentire.

Cambiare il modello educativo, incentrandolo su empatia e rispetto reciproco verso il bene di tutti, fin da subito, cioè nella famiglia, è la mia (e non solo mia) soluzione.

Vediamo, dov’ero… ah sì: si crede che se rinunciamo a noi stessi per rimetterci a Dio, allora c’è ordine e armonia, e fra noi e lui tutto bene. Dio ci ama, se e solo se lo meritiamo. Altrimenti ci toglie la grazia e ci caccia da lui. Quindi, ordine e armonia non sono mai stati dati gratis! E dio non ci ama incondizionatamente!
Ha questa immodesta e meschina pretesa di essere sempre magnificato (Ccc 358), di essere costantemente ringraziato pubblicamente per ciò che dà, il narcisistico bisogno di avere ragione a prescindere dai suoi atti… Trova normale che i suoi figli prediletti stiano in ginocchio davanti a lui, come sudditi e servi. Se uno non si abbassa a questo si offende, lo chiama ribelle, e superbo (lui)… l’inferno è l’innaturale conseguenza preparata per il piccolo bastardo.
Dio può amare solo chi celebra la sua assoluta grandezza e si crede totalmente dipendente. Se noi obbediamo, allora ci ama. Se crediamo in lui, allora ci salva. Chi non obbedisce non lo ama, e chi non lo ama non merita salvezza. Dio non dà niente per niente, è chiaro.

Per me è normale: come ho detto penso che l’amore incondizionato non esista (o esista per poco), e che sia giusto così. Ma poi dipende da cosa si cerca e si pretende. Obbedienza per amore, si chiama ricatto morale.
Chiedere che ci si faccia pulci ammaestrate pena la sottrazione dell’amore e dell’aiuto, rivela l’immaturità e la fragilità egocentrica di chi lo chiede. Ed è una forma di costosa e inutile violenza.

Il che ci porta al punto successivo. L’ultimo.

* Perché succede quello che succede, ad Adamo ed Eva? Da dove viene il male che soffriranno? Forse dal frutto? No, quello è lì per la CBM, dice la Bibbia. Al massimo ci si può fare indigestione. Dalla CBM? Da loro stessi? Na-na.
Allora? La nuova, degenerata vita che li attende, con la morte in fondo, viene da Dio. «(Io) moltiplicherò i tuoi dolori». «Poiché (….) hai mangiato dell’albero, maledetto sia il suolo per causa tua!». «Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden»… (Gn 3).
Certo, se non avessero peccato… Ma la conseguenza diretta e naturale era la CBM. Il resto, è una scelta di dio. Una punizione.
Una cosa è la conseguenza logica, tutt’altra è una punizione scelta e decisa, dunque arbitraria.

Si dirà: «Ok, però è meritata e giusta!». Eh…
Meritata? Solo dal punto di vista di Dio, cioè solo da chi accetta questo ordine di idee. Giusta? Aaaaah, questo è proprio da vedere.
Niente derivava dal semplice conquistare la CBM, se non la possibilità di imparare a giudicare da soli, quindi di farci maturi e responsabili. Beh, diamine, perché farne un tale dramma? Ti hanno disobbedito per la prima volta, ok, datti una calmata, che sarà mai? Spiegagli, fagli un cazziatone ma falli imparare… Schiocca le dita e fagliela scomparire dalla testa, tu che puoi. No. Subito puniti come se avessero fatto una cosa irrimediabile, definitiva. Ma che bravo papà.
E in cosa consiste la punizione? Non so, una settimana senza tv? Noo… 20 frustate? Peggio, peggio!

L’intera creazione viene invasa dal peccato. L’uomo è reso corrotto e corruttore, la sua natura non è più santa ma incline al disordine e alle paturnie di Satana. Le passioni lo trascinano nel vizio, la nudità del corpo e il piacere del sesso diventano una vergogna.
Il mondo intero si fa ostile all’uomo e alla donna: infedeli e lontani dalla grazia di dio patiranno dolori, miserie e fatica di vivere.
L’armonia originale è definitivamente spezzata. Infine, la morte.

Eccheddiamine. La pena è proprio sproporzionata alla colpa. E senza appello! Soffriamo di una malattia grave, ma non per natura: è come se un medico arrogante e pieno di sé abbia infettato volontariamente un paziente, per punirlo di non aver abbassato gli occhi davanti a lui.
Ironicamente, se non fosse che è tragico, la ‘cura’ per la presunzione ci rende più bravi a peccare, e ci mette in condizione di farlo a più non posso.

Di più: questa colpa originale e la condizione di tendenza al male in lontananza da dio sono inflitte anche all’intera, innumerevole discendenza dei nostri due. In tale situazione essi rischiano una tortura persino più grande: l’inferno, il fuoco eterno.
Incredibilmente esagerato, diabolicamente ingiusto. Malvagio, diciamocelo. Non c’è scusa che regga: passare una colpa di fondo e una condizione di miseria interiore a tutta l’umanità di tutti i tempi per lo sbaglio inconsapevole di 2 soli, è una crudeltà indegna di un dio buono. Se Adamo ed Eva ebbero un qualche avvertimento e perciò una minima scelta, il resto di noi no, non eravamo lì e non potevamo né commettere né impedire lo sbaglio. Abbiamo solo subìto. Ti pare giusto?
«Sì, scusa: come i figli di un servo al quale il re avesse prima donato un ricco campo, e poi, a causa del suo comportamento, glielo avesse tolto. Nessuna eredità per loro!». In questa classica difesa, ancora il violento paragonare il rapporto padre-figlio con quello fra re e servo. Tu pensa nel farla quanto ci si tiene, come ci si senta piccoli, quanto si aspiri ad essere dominati.
Vediamo: sei ricco sfondato, e diseredi tuo figlio perché è un vero briccone. Che ne è di tuo nipote? È innocente, ed è sangue del tuo sangue… Di più: hai elargito a tuo figlio (il briccone) un vero capitale proprio perché desse vita a una grande famiglia. Ora che lo hai diseredato, ti tiri indietro? …Un momento: tuo figlio è tuo figlio e vive della tua ricchezza dal primo giorno. Non ha ereditato un bel nulla!
Ok, probabilmente non sei ricco sfondato, ma Dio certamente sì, a suo modo. Suo è il figlio, suo il desiderio di farlo nascere per quei doni così grandi, suo il piano di avere presto tanti nipotini per farne l'umanità: riesci a vedere perché è stato ingiusto a privare tutti loro di ciò che per loro aveva previsto, a causa dell'errore di un parente? Come per la storia dell'Inferno, qui si cerca (con indubbia abilità, è certo) di salvare dio dalle sue spregevoli colpe, di agghindare il suo meschino comportamento, e di presentare per giusto ciò che non lo è. Dio ha punito i figli per le colpe dei padri, privandoli di ogni bene a cui li aveva destinati, della sua vicinanza e del suo calore – e corrompendoli interiormente – senza che avessero una propria chance, e senza versare una lacrima. La maledizione lanciata sull'uomo e sulla donna è esplicita: tutti gli uomini e tutte le donne, da ora in poi, soffriranno a causa del primo sbaglio. Tutti dovranno patire per questo! Non si tratta di una naturale conseguenza, di una normale ‘eredità’ materiale, ma di una condanna intenzionale e specifica, innanzitutto morale, volutamente totale. Una punizione spaventosa, umanamente insanabile, non commisurata alla colpa di un morso (se non nell'ottica di quanto esaminato sopra) e riversata su innocenti; definitiva e non trattabile, destinazione l'inferno.
C'è, allora, da chiedersi se fu una scelta moralmente ammissibile. Tanto più da parte di un dio perfettamente giusto. Tanto più se pieno d'amore per tutti noi.
Infine: dio sarebbe onnisciente, ciò vuol dire che sapeva benissimo che Adamo ed Eva avrebbero disobbedito e dunque che l'umanità sarebbe stata punita duramente. Ha senso tutto ciò? Se proprio questo fu il volere di dio, possiamo chiamarlo buono? Oppure?

Certo, la genesi è frutto di uomini e del loro pensiero, dei loro bisogni e sogni del tempo ed anche della loro ignoranza, e quindi spiegarono la vita che vivevano (dolori del parto, fatica sul lavoro, povertà, guerre, ecc) come poterono, per mezzo di un dio utile ma rozzo, perfetta proiezione di sé stessi. Dio però sarebbe altro, Dio è perfetto, è sapiente, Dio è Dio e fa bene. Come no, ma… le prove?
Non nella bibbia, che proprio per questi motivi ha perso ogni apparenza di verità assoluta. La bibbia come prova non è affidabile, concordiamo?
Oppure, quelli hanno scritto il vero, dio è così e realmente è andata in quel modo: la giustizia e l’amore di dio sono questo. Ok. Libero lui di crederlo. Ma noi, liberi di non accettarlo. E sta proprio a noi, secondo i nostri princìpi etici, osservando le conseguenze dell’uno e di altri modi di comportarsi, sta proprio a noi giudicare e scegliere il migliore. Non per supina obbedienza, ma per riflessione personale e responsabile.

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Si può anche dire che Dio in fin dei conti ci ha offerto una via di uscita, in Gesù. Sembra una cosa buona dopotutto, no? No?
Uhm… No. Anzi, questo suo ‘regalo’, questa grazia, non fa che peggiorare le cose.
Intanto, arriva dopo più di 4000 anni (e un diluvio). Evabbè. Si può dire che l’importante è che ci abbia ripensato, e meglio tardi che mai voglia farci tornare a stare bene. Ottimo, allora visto che era stata opera sua, basta che ritiri la condanna così come l’aveva comminata, logico vero?
Tze-tze! Ricorda che parliamo di Dio…
Chiede qualcosa in cambio! Cioè, esige qualcosa per toglierci dalla situazione conseguente alla condanna che lui stesso ci aveva dato. E siccome non è solo la logica che gli difetta, ma anche l’amore e la giustizia, indovina un po’ cosa vuole in cambio? Sangue.
Sì, oh sì, sangue vivo! E non solo sangue, ma anche tanta bella sofferenza, prima. Cosa ha architettato? Una morte in croce! Oléeeee!
E di chi? Di uno stercorario? Noooo… Di un’aquila reale? Noooo! Di un u-o-m-o! E chi, un assassino? No, un innocente! Uno sconosciuto? No, suo f-i-g-l-i-o!
Geniale. Perverso, ma geniale.
Uao.
Finita qui? Tze-tze! Ricorda che parliamo di dio…
Se poi il macabro sacrificio è andato, perché siamo ancora nella stessa identica situazione di prima? Stessi dolori, e miserie, e vizi, e ingiustizie… Siamo peccatori come al solito, santi come al solito! A che diamine è servito? A un bel niente. Ovvio. Dimmi, come pensi ci si possa ‘trasformare’ in brava gente onesta grazie a… un rito? È come credere che ci si possa innamorare bevendo un filtro magico, che si diventi cintura nera non per abilità ma perché al maestro gli gira di darla.
E ancora: ma come diavolo si fa a pensare che i debiti di uno si saldino per mezzo della morte di un sostituto, che non c’entra niente e non ha colpa? Ma dico, se uno deruba una persona, ha senso mandare in galera un altro tizio al posto suo? Sarebbe pagata la colpa del ladro? Se la prof mette un votaccio a Giulio perché Giulia ha fatto male il suo compito, merita il suo stipendio? Punire l’innocente per il malvagio, il giusto per il colpevole… non è solo illogico, è immorale.
Non scordiamo poi che la mano che uccide non è di dio, che è il mandante, ma di altri uomini. Quindi per perdonarci i peccati ci fa commettere un altro – e terribile – peccato, che infatti poi non perde tempo a rinfacciarci.
Ancora: perché il sacrificio vale anche per noi oggi? Che, s’è preso in anticipo sui peccati futuri? Con che giustizia si salva qualcuno prima che pecchi, prima che nasca? E perché senza nostra approvazione diretta? Chi, sapendolo, permetterebbe a qualcuno di morire per sé? Perché non prevedere che questo avrebbe causato solo un enoooorme senso di colpa in tanti poveracci buoni come il pane? Persone che si devono pentire per essere come sono, perché un uomo-dio è già morto per loro, prestampandogli addosso un numero da galeotto, qualcuno che in realtà non si sono mai sognati di colpire. Così si finisce per credere – e addirittura ringraziare – prima ancora di capire che accidenti di sbaglio si è fatto.
Non potevano solo essere perdonate?
Si dirà: ma chi è senza peccato… col cavolo! Con che giustizia si mette allo stesso livello di merito il grande e il piccolo peccatore?
Perdindirindina. Ancora: ma se il sacrificio valeva in sé, perché per essere davvero salvati dobbiamo anche crederci? Una cosa fatta è fatta. Come sempre, fare il bene o fare il male è in realtà la diretta conseguenza delle nostre scelte, ma così credendo, questa idea fondamentale e potenziante si scioglie nel senso di inferiorità, e cede al dovere di sudditanza.
Inoltre si legittima ed esalta l’idea del sacrifico e della morte per gli altri (un tema fra i principali del cristianesimo), come se la loro vita valesse di più di chi si sacrifica. E come se fosse sempre necessario, se altri modi non fossero più efficaci, se fosse così che deve girare il mondo.

Che dio orribile, se esistesse! O magari è solo un po’ svampito, visto che altrove è di idee esattamente opposte (Dt 24,16; Es 32,30-35; Ez 18; Dt 12,30-31; Ger 19,4-6; Ez 16,20-23; Gn 3,7-10). Ma dio non esiste, e solo degli uomini potevano immaginare tale scempio di valori, per poi persino riservircelo come buono e sensato, come atto d’amore.
Di nuovo e sempre, essi – cioè dio, si fa per dire – chiedono obbedienza. Dio non si ravvede e non ci perdona, vuole riscuotere e vendicarsi. La salvezza non esce spontanea da lui, è stata espiata, riscattata, ben pagata dagli uomini e le donne che, per fede, sacrificano sé stessi. Dio ci offre solo di rinnegare la nostra scelta iniziale, di fare marcia indietro e quindi ammettere che aveva ragione lui. Stravolti e in colpa per un piano che era tutto suo, vorrebbe(ro) sentirci dire: ho sbagliato a scegliere da me.
Uaaah-ahahahah! Aahahah!
È ridicolo.

E quel poveraccio di Gesù… Credeva a tutta questa squallida parodia grandguignolesca: pensando di salvarci si è fatto ammazzare, rivelandosi persona sensibile e responsabile (ma fino a un certo punto, se credeva anche di risorgere), eppure sottomessa, ubriaca e complice, non più capace di percepire l’inutile orrore della sua assurda condanna. È andato al macello obbligandosi a fare la volontà del padre, della quale poteva vedere la grandiosità ma non la follia, tremando e implorandolo invano (Mc 14,32-39 e 15,34; Mt 26,36-45 e 27,46)… Onore a lui, vittima di una causa di merda!
Ma di gente valorosa morta per cause sbagliate, mentre ‘eseguiva degli ordini’ terribili, ce n’è quanta ne vogliamo, questo non li fa né eroi né santi. Sono vittime. Che pena… che spreco! La nostra vita e la nostra coscienza sono sacre, e dio ci gioca.
Non a caso – non a caso – Gesù è il figlio di dio. Come Isacco prima di lui, il figlio diventa il mezzo con cui affermare la propria superiorità, e l’oggetto sul quale esprimerla. Dio è un padre gerarca violento come tanti ancora, che vuole dalla sua creatura …obbedienza cieca. Costi (a noi) quel che costi.
Tutto quadra, secondo la teoria dei rapporti-di-potere-in-famiglia-come-causa-della-disabilità-emotiva-dell’adulto, che ti ho esposto sopra e altrove.
Uhm. Penso che neanche molti atei si siano mai resi conto di quanto brutto sia tutto questo.

Domanda impertinente: se la scelta stava a te, avresti fatto torturare e uccidere tuo figlio per il bene dell’umanità? Se per qualche ragione cosmica fosse toccato a te decidere, che avresti scelto di fare?
Certo, potremmo dire che proprio nella sua drammatica tragicità sta l’eccezionale atto d’amore per noi, ma io non ho sentito Dio piangere, e inoltre, perché farne fare le spese ad un altro? Il vero, assoluto sacrificio sarebbe stato offrire sé stesso, non suo figlio… Beh, si potrebbe ricordare che Dio, essendo uno con Cristo, avrebbe in effetti fatto proprio questo, ma allora ricordiamo anche che Dio non può morire, quindi non si è sacrificato per niente, e che – per la stessa dottrina – Dio e Cristo sono persone diverse e indubitabilmente l’uno è il Padre e l’altro il Figlio. Inoltre dovremmo onestamente ammettere che la salvezza immediata non c’è stata, dipende ancora tutto da noi.
Ma ammettiamo che di vera Salvezza si parli: ciò che è evidente nel racconto biblico è che un uomo, figlio in carne e ossa, è stato mandato a morire per l’umanità. Questo si vuole che crediamo, siamo d’accordo? Quindi la domanda resta: se c’eri tu a decidere, che avresti fatto? E se avessi avuto infinite possibilità, come dio?

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Meno male che niente di tutta questa storia è reale. Molto, molto di male, in meno. Resta un problema, che è crederlo, reale. Perché crederlo ci condiziona comunque la vita.

Se non come verità, la bibbia ha valore come lezione sulle capacità e la visione di vita degli uomini di allora. In fondo, non descrive altro che la natura umana, con i suoi picchi e abissi. Poi, crea una ‘spiegazione’ a questo, ricorrendo alla presenza o alla mancanza di dio, alla tendenza al peccato, alla necessità di sottomettersi. Peccato davvero che gli autori non vadano oltre il loro tempo, le loro capacità e conoscenze di allora.
Questa inclinazione al male, ad esempio, non ci è connaturata, e non ha nulla di assoluto. Dio non ha alcun fondamento reale. La sua opera consiste di opere umane, di azioni, pensieri, emozioni e scelte umane pigramente interpretate come tale; la sua esistenza non si dimostra, né la sua predilezione per noi; la sua legge è arbitraria e corrotta, e niente ci dice che l’universo l’uomo e l’etica siano sue creazioni. Al contrario, oggi conosciamo con una certa sicurezza l’origine dell’universo – un’origine del tutto naturale e non miracolosa. Sappiamo poi con certezza che l’uomo non nasce dal nulla (o… ‘dalla polvere’) ma si è evoluto da altre specie a loro volta evolutesi, a piccolissimi passi, in miliardi di anni. La bontà, l’altruismo, persino l’empatia rientrano perfettamente in questo processo, infatti la vita è incline a custodire sé stessa, e a un certo punto della sua evoluzione la cooperazione diventa strategia migliore della pura competizione, fino a evolversi in desiderio e legge interiore. L’uomo tende a conservare e costruire, e nel suo gruppo a procurare il benessere di tutti.
E il male? Fa pure parte del mondo: eventi naturali ci sconvolgono, e per millenni noi uomini abbiamo cercato il bene del nostro clan, a spese degli altri, perché non conoscevamo che l’ostilità, la sottomissione o la fuga per assicurarci la sopravvivenza. I popoli si facevano guerra, e ogni popolo aveva un capo (o dei capi) dai pieni poteri a cui si lasciava decidere per tutti. Questo modo di vivere è stato istituzionalizzato, quindi giustificato, per lunghissimo tempo, fino ad oggi. Ed è diventato un circolo vizioso, in cui i conflitti venivano affrontati in modi così infruttuosi e stupidi da generare sempre nuovi conflitti. Ma l’etica non si è lasciata fermare, e da queste esperienze del nostro passato sono tante le persone che hanno finalmente capito – in tempi molto recenti – che tutti gli umani hanno uguali diritti, innanzitutto quelli di essere liberi e rispettati per come sono. E poiché tutti ne dobbiamo godere, ne segue anche la correttezza di un limite automatico ad essi, sul bordo fra la mia e la tua libertà, perché l’una non sia maggiore dell’altra. Etica!
Oggi sappiamo che l’universo, l’uomo, il bene e il male sono del tutto naturali. Continuare a spiegarseli per altre vie è negare la realtà. E osservare il mondo con gli occhi di 2000 anni fa e oltre, è chiuderli al presente e al futuro, e smettere di facilitare quel bene che cerchiamo e onoriamo.
Tutto sommato chi proprio vuole è libero di farlo e ne ha diritto. Il problema nasce quando si pretende da chi invece proprio non lo vuole fare, o ancora non può scegliere.