Piccolo manuale di Umanesimo ateo

Il perché e il percome di una vita senza dèi.

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Intro
Prima parte / Un leggerissimo cambiamento
1. Allora, chi è Dio?
2. Quali prove abbiamo che esiste un dio?
3. Che bisogno c'è di credere?
4. Ma se Dio non c'è, come può l'uomo essere buono?
5. In cosa credere? Il cuore dell'Umanesimo
Seconda parte / Cosa dice la Chiesa
6. Perché ci battezzano?
7. A che serve la prima comunione?
8. Un dio così ci rende schiavi

9. Il male, il peccato, il sesso
Terza parte / Quello che la Chiesa non dice
10. Le bugie della Bibbia
11. Credenze cristiane tutte da verificare
12. I brutti esempi di chi predica il Bene
Help & Tips / I trucchi della comunicazione
Finale
Appendice A / I comandamenti: 10 …o 40?
Appendice B / Il peccato originale
Bibliografia

Prima parte

Un leggerissimo cambiamento / Da Dio all’Umanesimo ateo

In questa prima parte vediamo che cosa si intende per ‘Dio’. Scopriamo così che ogni religione ha un dio diverso, e tutte credono sia quello giusto. In realtà Dio è un’idea, al limite un’ipotesi. Non avendo prove, non dovremmo crederci alla cieca: torniamo sulla Terra, e concentriamoci sulla capacità di migliorare le cose, che abbiamo noi Esseri Umani!

1. Allora, chi è Dio?

La parola ‘dio’, con la lettera minuscola, e che al plurale fa ‘dèi’, ha origini antiche e significa ‘luminoso, splendente’. Nei secoli sono nate centinaia di religioni diverse, ognuna col suo dio o i suoi dèi… Si adorava di tutto: il Serpente, il Toro, l’Uccello, il Tuono, il Sole, la Luna, Madre Terra, una infinità di ‘esseri soprannaturali’ dai più vari poteri… Dio, con la lettera maiuscola, invece è proprio il nome con cui alcune religioni (come quella cattolica) chiamano il loro dio. Il nome comune diventa nome proprio, perciò basta dire ‘dio’ che si pensa subito a ‘Dio’.
Credendo in un dio soltanto, queste religioni sono dette monoteiste. La religione cattolica è monoteista, ma il suo dio è una Trinità, e inoltre venera e prega santi, papi, reliquie, ostie consacrate, immagini sacre e madonne di luoghi diversi. Gli antichi Greci e i Romani erano veri ‘politeisti’, cioè credevano apertamente in molti dèi; ne avevano immaginati parecchi, ognuno era una specie di ministro che presiedeva e rappresentava una data attività umana o un fenomeno della natura, e alla loro testa c’era Zeus (Giove).

Ciascuna fede sostiene che le sue divinità sono uniche, o le più potenti, e certamente vere. I credenti incentrano così la loro vita su quello che ritengono il loro dio voglia o no, interpretando in modo tutto particolare gli eventi naturali e quelli più misteriosi.
La maggior parte di esse ora sono sparite, e quelle divinità, tanto venerate un tempo, sono ora dimenticate o snobbate come miti e superstizioni.
Chi non crede in alcun dio, è chiamato ateo (in greco theos è ‘dio’: atheos=senza dio). Nel definire l'ateismo è bene essere chiari: sono convinto che intenderci sui significati è essenziale, per evitare di perdere tempo intorno a preconcetti. Nella sua forma più elementare esso è assenza di fede in qualsiasi divinità. Il che libera subito il campo da 3 di quei preconcetti: l'ateismo non è fede ma assenza di fede, l'ateismo non è rifiuto di un dato di fatto, l'ateismo non è opposto al cristianesimo in particolare. Per affermare che una cosa che non si conosce/vede/misura esiste, c'è un gran bisogno di fede. Senza, quella cosa appunto non esiste, fino a prova contraria.
Niente di strano, usiamo questo criterio in qualsiasi altro contesto. E lo fanno i credenti con tutti gli altri dèi chiedendo prove – in assenza delle quali rimangono col proprio (atei rispetto ai primi), mentre senza fede anche l'ultimo scompare. È quello che viene chiamato ateismo ‘debole’, nel senso che non afferma nulla, si limita a dissociarsi da un credo, a non abbracciarlo.
Il senso del termine viene fuori meglio se si considera che esiste anche un ateismo ‘forte'. Questo secondo modo di non credere una tesi esplicita ce l'ha, ed è quella secondo cui effettivamente nessun dio esiste.
Ad essa perviene per una serie di considerazioni che in questo libro saranno ampiamente spiegate, quali: l’osservazione diretta è assente, l'ipotesi ‘Dio’ è finora inutile alla scienza, tutti gli argomenti a favore di un dio sono insufficienti, la fede per natura non porta dritti alla verità, le dottrine religiose stridono internamente e fra di loro; il comportamento morale di taluni grandi esponenti della fede è stato tale da negare qualsiasi ispirazione divina, gli dèi sono prevedibilmente simili agli esseri umani nelle idee e nei rapporti con essi, la fede si sostiene per comprensibili motivi terreni; il male che gli innocenti soffrono nullifica l'idea di un dio buono interessato a noi, tutto quello che di buono si può fare avendo fede in un dio si può fare senza, non esiste luogo che ‘trascenda' la natura e – almeno nel caso del dio cristiano – le qualità specifiche di Dio si contraddicono. Rispetto agli dèi delle religioni, gli argomenti sono tali e tanti che il caso è da considerarsi chiuso.

Naturalmente, un qualsiasi essere invisibile, intangibile, o in altro modo nascosto e ancora sconosciuto potrebbe comunque esistere, e dunque in questi termini generalissimi non si può andare oltre una vigorosa e ben ragionata opinione. La tesi forte dell'ateismo non possiede – di fatto – il senso assoluto e dogmatico tipico delle religioni, è invece una considerazione relativa alle conoscenze attuali che l’ateo/a si prende la libertà di fare apertamente, riguardo agli dèi come su ogni altro fenomeno o creatura privi della stessa evidenza: «Per quanto ne sappiamo e fino a prova contraria, nessun dio o drago esiste, e non lo crederò per sola fede». Quella che taluni rinfacciano agli atei è in realtà un maggior grado di onestà e obiettività rispetto ai fatti, un preciso rigore nella ricerca del vero, e la ferma volontà di non darsi via per belle fantasie.
Il confine fra ateismo forte e debole è in realtà assai sfumato: si può dire infatti sia che l'uno sottintende l'altro, sia che riguardano due campi diversi, il primo la fede in qualcosa, il secondo l’esistenza effettiva di qualcosa. In questa sede per ateismo intenderemo indifferentemente entrambi. Chiarito questo, va aggiunto che un'altra qualità essenziale dell'ateismo di cui parliamo è l'essere frutto di una scelta. Voglio dire, che senso avrebbe scrivere un libro per sostenere le ragioni di una condizione involontaria? Atei si nasce, l'ateismo potrebbe essere imposto o inculcato, ma il bello è diventarlo da soli e consapevolmente, per averci riflettuto.

No, gli atei non odiano dio, non se lo negano, non sono cattivi, né satanisti, né posseduti, né ‘stolti’, né ignoranti. Qualcuno che lo è ci sarà, ma la maggioranza no. E sì: esistono…
A un livello di consapevolezza più profondo, gli atei sono scettici su ogni credenza teo-magico-panormal-oltremondana senza prove, e su ogni tesi che per fede si ritenga al di sopra di analisi e sospetto. Lo scetticismo (skeptikós=dedito all’indagine critica) è l’approccio razionale di chi, davanti a un fenomeno nuovo o a semplici affermazioni, non si ferma a spiegazioni che vanno allegramente ‘credute’, ed è l’anticamera del metodo scientifico.

E chi non si è ancora fatto un’idea precisa? È detto agnostico, che ‘non conosce’.
L’agnostico/a pensa di non avere sufficienti prove per sapere se esiste o non esiste un dio, e preferisce sospendere il giudizio. Dice: «Io (ancora) non so», e alcuni persino «Non posso sapere», (che però rischia di diventare un limite auto-imposto). Spesso allora essere agnostici passa per una posizione in qualche modo più rispettabile dell’ateismo, perché si sarebbe più disponibili e aperti, più ‘possibilisti’… A-ah! In realtà non è vero: infatti non solo l’ateismo è altrettanto aperto a conoscere (o sarebbe ateismo… per fede), ma quando l’agnostico dichiara di non conoscere alcun dio e quindi non crede, allora pure lui è ateo, e infatti si comporta come tale.
Beh, in teoria come agnostici si potrebbe anche essere credenti: c’è chi fa proprio una virtù del credere per fede, e non per prove di ragione. «Io non so, ma ho fede che sia come credo». Molto onesto, no? Ma è sul serio agnosticismo? Il fatto è che, per sua natura, la fede tende a mischiare i due piani e affermare che un dio esiste e si conosce. Saltando di fede in conoscenza si nega però il senso proprio dell’agnosticismo. Questo tema del mischiare i due piani è grave, e lo riprenderemo.

Naturalmente poi, oltre a non credere in dio, gli atei e gli agnostici come i credenti hanno pure una certa visione della vita – verità, regole, valori, finalità – e proprio in base a come essa è gli uni e gli altri saranno persone più profonde, amichevoli generose oneste attive felici… che no. È qui che finalmente si può parlare di Umanesimo: gli atei e agnostici anche umanisti sostengono l’autonomia, la responsabilità e la piena capacità dell’uomo per un mondo migliore. E anche di questo dopo parleremo per bene.

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Ti avranno detto che Dio è un tizio che sta in cielo, che è ‘il creatore del cielo e della terra’, che può fare tutto, che bla-bla-bla conosce i nostri cuori e bla-bla-bla ci sorveglia e giudica e bla-bla-bla ci manda le cose buone e ci sempre aiuta nei momenti più brutti. È così? Beh, se un tizio avesse tutto questo potere su di noi, meglio saperlo no?
Ma dimmi: hai mai avuto cose buone da Dio? Da Dio in persona, intendo. O almeno da lui griffate, autografe, inconfondibilmente sue? Hai mai ricevuto aiuto direttamente da Dio? Pensaci.
In realtà non è accaduto nulla di soprannaturale: nessun regalo è comparso dal nulla, chi ti ha favorito e protetto – o afflitto e trascurato – non è stato/a mosso/a da una volontà invisibile, né una coincidenza favorevole è stata l'incontro di due cose senza storia, spostate lì, soltanto per te. Dietro a ciascuno scenario c’è per certo una catena naturale di eventi, e chiaramente lo zampino di persone che per prime meriterebbero un bel grazie.
Ok, potremmo immaginare lo stesso che c’è Lui dietro la nostra vita, come una sorta di regista occulto, vero; ma allo stesso modo (cioè senza prove) potremmo dire che c’è il Tiracchio Penperòn (l’ho appena inventato), o un altro dio, o le stelle, o un incantesimo.
Che ne diresti se io affermassi: «Guarda che il mondo è stato creato da 30 minuti, e Dio ci ha impiantato i ricordi di una vita», oppure: «Sai, quello che vediamo, appena ci giriamo sparisce! E ricompare solo se riguardiamo…» Di congetture non verificabili se ne possono fare un mucchio. Potremmo ipotizzare che ci sia Dio dietro a tutto. Ma è appunto un’ipotesi: un’idea, una teoria, una supposizione, una semplice possibilità, e più spesso un desiderio… Non una certezza.

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Ogni religione descrive un dio. Non lo mostra, lo disegna. Anche simile, a volte, ma mai del tutto uguale agli altri in ciò che ‘dice’ e in ciò che ‘è’. Tra virgolette, sì per forza: non solo ciascuna descrizione non è supportata da prove valide – introvabili – non solo per fede esisterebbero tanti dèi quante sono le religioni – impossibile – ma oltretutto queste stesse affermano – contraddicendosi – che il proprio dio è comunque ‘un mistero’… Perciò insomma, sembrano avere le idee chiare ma poi alle strette questa è la loro verità.
Motivo valido per affondarle tutte? In teoria no, una fra quelle potrebbe dire il vero… Ma quale? E come deciderlo? Perché in realtà sono tutte tutte uguali nel non dare prove, ma nel chiedere fede e obbedienza. Uguali nell’indottrinamento precoce, nel sentimentalismo, e più spesso di quanto se ne abbia l’impressione, di logica stentata e mal riposta. Tutte hanno una storia comprensibilissima in termini umani. E tutte credono in un dio che dire invisibile è poco, e dire buono a volte è troppo.
In pratica dunque? Nessuna sembra possedere la verità che dice di possedere.

Di più: che succede se Dio stesso si contraddice? Cioè se le qualità, le azioni e le parole che gli si attribuiscono non sono coerenti e in armonia, ma si tradiscono e smentiscono l’un l’altra?
Beh, non sarebbe pazzesco? Bene, allora vedremo di preciso com’è fatto e cosa direbbe il dio della cristianità, così da scoprire se è reale. Se appartieni a un’altra fede o sei nel dubbio, è lo stesso: applicando liberamente il metodo critico non ci si mette molto a fare inaspettate scoperte. A quel punto, conoscendo le qualità ma anche i limiti di ciò che crediamo, sarà più facile scegliere. O più difficile, forse, per alcuni. Comunque, in tutta libertà e consapevolezza. È ciò che conta, no?

Ogni religione ha libro sacro. In tutti si trovano grandi e grandissimi insegnamenti, parole di pace tanto sensate da sembrare proprio ispirate… Questo prova forse che tutti gli dèi sono veri? O che ce n’è uno solo, pur nelle profonde differenze fra religione e religione? O forse, piuttosto, la grandezza degli uomini che li hanno scritti e sostenuti?
Inoltre, questi testi contengono una quantità di errori storici, di fatti non provati e non più provabili, di episodi brutti e di insegnamenti non più adeguati ai tempi, se non addirittura negativi… come ritenerli davvero ispirati? E su quali basi preferire una descrizione di dio alle altre? Con… la fede? Ma tutti fanno riferimento alla fede come strumento per conoscere il proprio dio…
Considera: identica fede è usata per credere e difendere un numero incredibile di religioni (e ideologie, tradizioni, pregiudizi, modelli, modi di fare e fissazioni varie), tutte in contrasto fra loro sugli stessi temi, e inconciliabili. Ciascun credente, per motivare la bontà e verità del suo credo, non può che dire: «Io credo lo sia»… Che è lo stesso identico ‘argomento’ con cui ogni altro credente motiverà il suo. E risponderà: «No, io credo lo sia il mio»! Dunque, per cogliere la verità, la fede di entrambi è irrilevante, e in assenza di ragioni autentiche fra i vari credo non c'è alcuna reale differenza.
E allora: perché scegliere una fede o l'altra? In generale: cosa rende una certa dottrina o un ideale preferibile? Come capire che un’idea è reale o un comportamento è realmente migliore, se il semplice «Io credo lo sia» non serve veramente a nulla? Si dice al discepolo: «Ecco il punto: se credi, Dio esiste». Eppure, se esistesse non servirebbe la fede, come non serve fede per sapere di un albero o del sole. Una cosa che esiste, esiste. Non sta alla fede partorirla e sostenerla. Senza la fede (e qualcuno che la insegni), il sole resta il sole, l’albero l’albero, e Dio… diventa un’idea come tante.
Se un fatto è andato di certo in un modo, avrebbe senso credere diversamente per fede? Ecco. La fede si applica felicemente solo ai fatti ancora misteriosi, e tuttavia non è decisiva per capirli davvero, ed è anzi un freno, perché dà a chi la usa la falsa impressione di sapere già.
Poi però, quando la realtà avanza, è sempre la fede che fa un passo indietro. O, per il nostro bene, almeno dovrebbe.
La fede non è un efficace strumento di conoscenza, visto che può convalidare qualsiasi cosa si voglia credere.

~ ∞ ~

E allora? Questo Dio non fa niente, tace, non viene a trovarci, non appare da nessuna parte… Chi l’ha visto mai? Passano raggi di luce attraverso le nubi e pensiamo si manifesti in quel modo, ma non è Dio. È il meraviglioso spettacolo della Natura… È lei che si merita gli applausi. Ci mettiamo a tavola e ringraziamo Dio, ma non è che il cibo si è materializzato davanti a noi… sarebbe più giusto ringraziare la mamma o il papà che ha cucinato, chi ha fatto la spesa, e poi il fornaio, il macellaio e il contadino. Un incredibile colpo di fortuna, un delizioso periodo positivo? Subito a sentirsi benedetti da un miracolo, quando fra quello e Dio ciò che manca è una vera connessione. Accade qualcosa di strano e sconosciuto e sorprendente… ma chi ci dice già chi o cosa c’è dietro?
Una cosa sconosciuta non si può rappresentare, se non inventandosela di sana pianta, se non spilluzzicando parti delle nostre vite dandogli un secondo nome. Le idee di Dio che senti in giro, quelle cose belle che i credenti amano chiamare ‘opera sua’, o l’impressione di percepirlo dentro di sé, e tutte le fanta-qualità che avrebbe, sono il frutto del volerci credere.

Chi crede ciecamente mischia la realtà con la fantasia, confonde la vita vera con una vita che non c’è… E vive come un animaletto che non si fa mai domande, un robot che sta sempre seduto composto, una marionetta legata a dei fili che un altro gli muove nell’ombra. Magari fa del bene, ma perché crede sia la volontà di un dio: dov’è la sua coscienza?
In effetti, per ‘credere’ non c’è bisogno di avere un’anima libera, né senso morale, né una testa che pensa. Perché sprecarsi a ragionare? Conosciamo già tutte le risposte… Perché meditare su ciò che è bene? Basta attenersi alla dottrina…
Perché succede così? Lo vuole Dio. Perché facciamo cosà? Per Dio. E cosù? Dio! Per credere – e far credere – , il pensare con la propria testa, la libertà di scelta, il benessere fisico e la serenità, la maturità interiore, l’informazione, persino la storia e la scienza sono un serio pericolo, perché attraverso di esse ci si rende indipendenti dal bisogno degli dèi, e si capisce molto più facilmente che sono immense fantasie, metafore affascinanti e inesatte, simboli dell’umano, tradizioni del tempo che fu, nemmeno tanto belle. In luogo di quello, di cui si mantengono solo le apparenze, è piuttosto frequente il colpo basso – come la molestia morale, i trucchi della comunicazione e il catechismo già da bambini – perché così ci si confonde dentro, si indebolisce la nostra indipendenza emotiva, la curiosità e la voglia di capire, la capacità e la libertà di critica, il piacere e persino il desiderio di una vita piena, se non in dio. Certo, ci sono credenti di cultura e intelligenza fina, eppure di prove di Dio c’è una spaventosa assenza, l’etica che si dice sua ha dei buchi neri neri, e l’abitudine alla fede impedisce loro di accorgersene e accettarlo, pur con tutta la loro sapienza.
Se questo è vero, ma quant’è grave? Ecco, ne parleremo molto.

~ ∞ ~

Insomma? Chi è Dio?